THE EPILOGUE


EPILOGO

Progetto Quantum Leap
Stallions Gate, New Mexico
Giovedì, 18 Aprile 1999
Ore 06:44


L'Ammiraglio Calavicci si rigirò su di un fianco e sospirò con 
gli occhi ancora chiusi: sapeva perfettamente che doveva 
essere ancora molto presto per alzarsi e maledisse in silenzio 
il proprio corpo per quella smania che aveva ancora addosso 
e che non gli aveva concesso che un paio d'ore di sonno 
agitato.
Accanto a lui, immobile e distesa, tranquilla come un 
ruscello di montagna che scorra senza ostacoli, Tina 
respirava sommessamente, i capelli ramati sparsi sul cuscino 
ed un braccio corto abbandonato sopra il capo, a cingerlo 
come la corona di una regina. La camicia da notte in pizzo, 
nera, molto sexy ed estremamente trasparente era appesa 
alla testiera del letto, agitata mollemente dall'aria 
condizionata, a ricordargli ancora il corpo nudo di Tina, 
l'espressione di incredula felicità sulla sua faccia quando Al, 
la notte precedente, l'aveva presa tra le braccia e l'aveva 
baciata con trasporto, sussurrandole all'orecchio quanto 
fosse fortunato a poter dormire accanto ad una donna come 
lei ed a condividere i suoi sogni ed il medesimo cuscino. Poi 
l'aveva stretta a sé e l'aveva accarezzata leggermente, fino a 
quando Tina non si era addormentata e solo allora Al aveva 
sperimentato per la prima volta, grazie a Sam e a Lizzie, 
quanto potesse essere fantastica la certezza di appartenere 
ad una persona, la sicurezza di contare realmente per 
qualcuno senza dover necessariamente farci l'amore, 
prendere qualcosa in prestito, costringendo così l'altra 
persona a rimanere per riaverla indietro.
Lui e Tina vivevano insieme da ormai quattro anni, ma 
soltanto adesso Al aveva cominciato a comprendere che lei 
non se ne sarebbe andata, che non l'avrebbe abbandonato 
senza spiegazioni, che la sua sciocca ed infantile paura era 
infondata: nessuno l'avrebbe riportato di peso 
all'orfanotrofio, come tutte le volte che gli era capitato da 
piccolo, quando aveva cercato di fuggire per costruirsi una 
nuova realtà. 
Era a casa adesso, non doveva più avere paura.
Accarezzò il viso di Tina, le appoggiò un bacio sulla punta del 
naso e si mise a sedere: il pensiero corse veloce ad Annalisa 
Howard, a come era crollata al suolo quando Sam era 
scomparso, come una cosa cui, improvvisamente, fosse 
venuta meno la vita. 
Lizzie era una donna forte, coraggiosa ed in gamba, non 
correva di sicuro più pericoli di quelli che aveva già vissuto 
prima.
Prima che lui e Sam arrivassero a sconvolgerle la vita.
Si alzò in piedi, reindossò la biancheria ed i pantaloncini, 
infilò rapidamente una camicia ed aprì la porta del proprio 
alloggio senza fare rumore: c'era ancora una cosa che doveva 
fare, prima di potersi lasciare questa storia alle spalle,  prima 
che Annalisa ridiventasse sogno, prima che le carezze di Tina 
gli facessero dimenticare quanto era successo, prima che 
Gooshie tirasse fuori altri problemi, che l'ennesimo senatore 
rompiscatole venisse laggiù, nel ventre della terra, a fingere 
di desiderare comprendere il senso intrinseco di quello che il 
Dottor Beckett aveva creato, prima che Sam si ricacciasse nei 
guai e prima che Ziggy perdesse definitivamente il contatto 
residuo con la signora Howard.
Doveva tornare da lei a dirle quello che aveva saputo, a 
sincerarsi che fosse tutto vero e che Ziggy non avesse voluto 
fargli un tiro mancino.
La sala controllo era buia, ma Ziggy era sicuramente sveglia: 
le "Nozze di Figaro" riempivano la stanza grandiosamente, 
raggiungendone  gli angoli più remoti e colorandoli 
dell'allegria che soltanto Mozart sa dare alla musica.
-Salve Ammiraglio.
-Ciao bellezza.
-Mi scusi se l'ho svegliata; stavo conducendo un 
esperimento: mi domandavo se è vero che la musica possa 
effettivamente aiutare la concentrazione.
-Ziggy.
-Sì, Ammiraglio?
Al scosse la testa e sorrise dell'ingenuità del calcolatore.
-Non questa musica!
La melodia cessò di colpo, gettando la sala controlli tra le 
fauci del silenzio.
-Ho bisogno di un favore, tesoro.-Riprese Al con un tono 
suadente.
-Dica pure, Ammiraglio.
-Devi stabilire un collegamento con Annalisa Howard, a*** , il 
28 Agosto 1955 e.
-Ammiraglio, sa che non posso farlo!- Il tono del calcolatore 
era vagamente sorpreso.
-Sì, invece! La mente di Liz è praticamente uguale a quella di 
Sam e deve essere rimasto comunque un residuo del contatto 
che avevi con lei ed il suo tempo fino a poche ore fa!
-La sua analisi è corretta, Ammiraglio, ma non posso farlo 
ugualmente.
-Perché no?
-Perché non è necessario! Il Dottor Beckett si trova a ventitré 
anni luce di distanza adesso ed è.
-Lo so che sta facendo Sam, non c'è bisogno che me lo 
ricordi, grazie!
-Ammiraglio.-Stavolta, il tono materno di Ziggy gli ricordò 
molto quello della Dottoressa Beeks;- Dobbiamo risparmiare 
energia; l'ultimo salto è stato molto.Stressante per me.E 
poi è contro il regolamento! So che cosa vuole fare e non 
posso permetterglielo.
-Ma io posso ordinartelo, bambina!
-Se qualcuno la scoprisse, sarebbe la fine della sua 
carriera.
Al si stupì nel percepire una nota di preoccupazione nel tono 
dell'elaboratore ibrido-parallelo: Ziggy era solo una 
macchina, un ammasso di chips e bulloni che lui e Sam 
avevano assemblato quattro anni fa senza sapere 
esattamente quale sarebbe stato il risultato finale.Eppure, 
adesso, quell'insieme di acciaio e viti senz'anima si stava 
preoccupando per lui senza alcun motivo apparente.
-Tu mi conosci così bene Zig.
-Ciò è esatto, Ammiraglio.
-Allora saprai anche che devo farlo, che devo qualcosa a 
Lizzie perché io, se fossi stato al suo posto, non so se mi 
sarei comportato così.Sarà il nostro piccolo segreto, 
dolcezza.
-Ah, Ammiraglio, se la mette su un piano così intimo e 
personale.
Al sorrise, sicuro di aver fatto colpo ed entrò nella Camera 
Immagini senza voltarsi indietro, preparandosi, ancora una 
volta, a saltare attraverso lo spazio ed il tempo.
-Non capirò mai perché gli uomini rischino tutto soltanto per 
un sentimento.-Sussurrò Ziggy prima di dare 
autonomamente il via alla ricerca di un collegamento 
temporale con Lizzie; Al sorrise di nuovo: quell'elaboratore 
ibrido-parallelo, quella macchina presumibilmente senza 
cuore, stava per compiere una procedura illegale, 
rimettendolo in contatto con qualcuno che avrebbero dovuto 
affrettarsi a dimenticare per sempre; se qualcuno del governo 
fosse entrato in quel momento e li avesse scoperti, cosa poco 
probabile, ma pure sempre possibile, il progetto sarebbe 
stato chiuso all'istante, lui deferito alla corte marziale e Ziggy 
disassemblata senza por tempo in mezzo.
Lei lo sapeva, non faceva altro che calcolare le probabilità e 
tentare di prevedere il futuro.Eppure stava rischiando tutto 
e solamente perché lui glielo aveva chiesto.
Strana cosa, per una macchina, possedere un cuore e non 
sapere di avercelo.

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Residenza degli Howard
Domenica, 28 Agosto 1955
Ore 02:53

Lizzie stava ancora piangendo, sommessamente, con il viso 
premuto contro il cuscino e le dita che stringevano 
convulsamente le lenzuola di lino bianco. Gordon continuava 
a russare, ignaro della disperata solitudine della propria 
moglie, di quanto enorme fosse la sua tristezza, di quanto 
profondo potesse essere l'abisso in cui si stava lasciando 
scivolare, senza desiderare altro che di non tornare indietro 
mai più.
Al apparve alle sue spalle, le proprie pupille si adattarono in 
fretta all'oscurità, solcata a tratti dalla luce accecante dei 
lampi che illuminavano di colpo il cielo plumbeo.
La vide così, piegata su se stessa, come una canna spezzata 
dal furore dell'uragano non ancora del tutto trascorso, con i 
capelli sciolti che le coprivano il viso ed il corpo scosso da dei 
potenti tremiti.
-Lizzie, riesci a sentirmi?
Già una volta le aveva detto questa frase ed ora, come allora, 
lei spostò i suoi enormi occhi allagati di pianto su di lui, ma 
stavolta li sbatté incredula e dischiuse le labbra senza 
parlare.
-Ciao, piccola, come stai?
-Al.-Sussurrò il suo nome nell'oscurità ed allungò una 
mano per abbracciarlo, dimentica del suo essere un 
ologramma incorporeo. Gli attraversò le spalle da parte a 
parte ed arrossì, sentendosi un'idiota.
-Non so quanto tempo potrò restare, perciò devo sbrigarmi a 
dirti.
-Mio Dio, Sam sta male?- Gli chiese lei, tutta allarmata, 
protendendosi verso di lui, fino quasi a cadere dal letto. 
Gordon mormorò qualcosa e si agitò nel sonno ed Al vide il 
corpo di Lizzie irrigidirsi ed il suo volto impallidire. 
Trattennero entrambi il fiato, finché Gordon non tacque, poi 
Al rispose, tranquillizzandola:
-No, non ti devi preoccupare, non sono venuto per lui.
-Come sta?
Il collegamento manuale squittì indispettito, facendo 
rimarcare che quell'informazione non era necessaria e non 
sarebbe dovuta trapelare.
Al rinchiuse il piccolo congegno nella tasca destra e poi 
riprese:
-Lui sta bene.Si trova a New York, è il 30 Dicembre 1978 e 
domani lo aspetta un Capodanno da mille e una notte! 
Volevo dire che.
Stupido! Non era altro che uno stupido.Così l'avrebbe solo 
fatta soffrire di più.
-Stai tranquillo, lo so che cosa volevi dire.Lui.Non si 
ricorda più di me, non è vero?
L'altro annuì in silenzio ed abbassò lo sguardo.
-Va bene così.-La voce di lei era sottile ma ferma- Quello 
che provo io basta per entrambi; lui non se lo può 
permettere, altrimenti non sarebbe più in grado di fare niente 
e chi lo salverebbe il mondo allora?
-Già.-Al sorrise di un sorriso triste e colmo di ammirazione 
per quella donna così giovane e fragile eppure così sicura di 
poter sopravvivere al proprio dolore, come la più fiera delle 
eroine.
-Sei la donna più coraggiosa che sia mai esistita, davvero!
Lizzie scosse la testa e si mise a fissare un punto distante, al 
di là della finestra, probabilmente l'ultima zolla di terra che i 
piedi del Dottor Beckett avevano calpestato, un attimo prima 
di scomparire, inghiottiti dal proprio destino.
-No, ti sbagli.Non ci vuole coraggio.I bei sogni sono come i 
tramonti.Durano poco, la notte scura se li porta via.Non 
possono restare con te, non li puoi trattenere.-Aveva la voce 
tremula, come la fiammella di una candela pronta a 
spegnersi alla prima raffica di vento- non ci vuole coraggio 
quando vanno via, soltanto rassegnazione.Restano nel tuo 
cuore e, a tratti, fanno male.Tanto male.-Reclinò 
dolcemente la testa da un lato e socchiuse gli occhi, cercando 
di fermare le lacrime. - Era così che doveva andare, Al.-Un 
singulto leggero ed un brivido la fecero stringere nelle spalle, 
come un animale ferito- Ho sempre saputo che se ne sarebbe 
andato via; quel suo.pazzo sogno non poteva funzionare e 
anche se avesse funzionato, quanto sarebbe potuta durare la 
nostra felicità? Lui sarebbe stato Sam Beckett soltanto per 
me, per il resto del mondo sarebbe rimasto Richard Wright, 
un ragazzino negro alle prese con una moglie bianca, pazza 
ed un po' più vecchia di lui, dotato di un intelletto brillante 
ma inutilizzabile a causa del colore della sua pelle.Sam 
detestava essere qualcosa di diverso da sé stesso e restare 
qui, in un tempo non suo, in un corpo estraneo, senza amici, 
a fuggire come un fuori legge lo avrebbe fatto impazzire, 
vero?
Al tacque ed abbassò lo sguardo: non poteva dirle che lui e 
Sam avevano già parlato di questo, non poteva raccontarle 
della determinazione che Sam aveva avuto negli occhi quel 
sabato pomeriggio, mentre lei dormiva, quando gli aveva 
esposto per la prima volta il suo folle pensiero e gli aveva 
chiaramente detto che nessuno, nemmeno Dio in persona, 
avrebbe potuto fermarlo; non poteva ripeterle quelle parole, 
dirle che lui l'amava così tanto che non lo avrebbe 
spaventato affatto essere per l'eternità qualcun altro, purché 
gli fosse concesso di addormentarsi ogni notte accanto a lei e 
svegliarsi ogni mattina imprigionato tra i suoi capelli. No, 
l'avrebbe certamente distrutta in mille pezzi; aggrapparsi alla 
speranza che un destino crudele ma razionale aveva 
compiuto ad occhi bendati, una scelta casuale che, più in là 
negli anni, si sarebbe rivelata la migliore era l'unica 
possibilità per Lizzie di riuscire a sopportare il proprio futuro 
con una parvenza di vita in fondo agli occhi.
-E poi c'era Donna.-Lei stava continuando il dibattito tra la 
propria razionalità ed il proprio cuore dilaniato, a bassa voce, 
per evitare che Gordon si svegliasse: se ciò fosse successo, lo 
sapeva bene, se avesse lasciato passare quest'attimo di 
verità, poi le sue labbra sarebbero dovute rimanere serrate 
per sempre.- Con che diritto avrei potuto portarle via l'uomo 
che ama e da cui era stata scelta come moglie.
Al, a sentire nominare Donna, al ricordo della propria 
infamia, si sentì come il peggiore dei malfattori e fece un 
profondo respiro: almeno lui aveva Tina, sarebbe potuto 
tornare da lei in qualsiasi momento a farsi tenere stretto fino 
a quando quella sensazione di vuoto che aveva sempre 
provato non l'avesse abbandonato almeno per un po'.
Si pentì del proprio egoismo, di quello che aveva fatto: Sam 
non ricordava assolutamente nulla ma, ne era certo, se 
soltanto l'avesse guardato negli occhi più in profondità, gli 
avrebbe letto dentro il marchio del tradimento e non si 
sarebbe accontentato di una spiegazione qualunque.
L'Ammiraglio Calavicci avrebbe imparato a convivere anche 
con questo rimorso, ne era sicuro.Ma, nei momenti più 
difficili, il piccolo Al che ancora soffriva e si agitava in lui, 
non gli avrebbe lasciato tregua.
-Lui come sta?- Le chiese accennando a Gordon, cercando di 
scacciare questi pensieri così gravosi e ricacciarli 
nell'inconscio; non aveva più molto tempo: il collegamento 
poteva interrompersi da un momento all'altro ed Al non 
poteva permettersi di andare via, non senza averle detto ciò 
per cui era venuto.
-Lui sta bene.-Lizzie si deterse una lacrima e si voltò a 
guardare il marito- Il dottore dice che fra un paio di giorni si 
sarà ripreso completamente, che soffrirà di una sorta di 
leggera amnesia e che starà a me ricordargli come si è 
procurato quella ferita.
-Dunque non si ricorderà di niente?
-No.-Lei sorrise amaramente- stava per ammazzarmi e non 
se lo ricorderà.Se soltanto sapesse, mi strangolerebbe con 
le sue mani.Ma questi quattro giorni sono già svaniti in lui, 
così come in Sam, buffo, vero? Comunque, almeno non 
prenderà la ferita come l'ennesimo pretesto per picchiarmi.
-Lui non ti picchierà mai più.- La fermezza nella voce di Al le 
fece voltare il viso nella sua direzione.
-Certo che no.-Sospirò lei, senza alcuna convinzione.
-Guarda che è così.
-Oh, ti prego Al! Dammi un motivo, un solo motivo per cui 
dovrebbe smettere di fare quello che ha sempre fatto da 
quando ci siamo sposati.-Le lacrime cominciarono a 
scenderle di nuovo, copiose, costringendola ad asciugarsi il 
viso con un lembo del lenzuolo.
Il collegamento manuale si agitò nella tasca di Al, come per 
avvertirlo che stava per superare un confine molto 
pericoloso.
-Posso vedere il futuro, questo lo sai anche tu.
-Non voglio più sperare in qualcosa che non si può avverare, 
Al; fa troppo male!
-Ma stavolta è la verità, credimi.- Inspirò di nuovo e le si 
fece accanto- Per quanto Gordon sia un mostro, non ti 
toccherà più neanche con un dito, non se la sentirà di farti 
del male quando saprà che tu.Aspetti un bambino.
-Un bambino.- Farfugliò Lizzie; per un secondo, ciò che 
questa rivelazione avrebbe implicato non le fu chiaro del 
tutto, poi il mento le tremò mentre la mano corse 
inconsciamente al ventre, come per sincerarsi che fosse 
ancora lì.
-Oh, mio Dio.Un figlio.Un figlio mio.Al.Ti prego, tu devi 
dirmelo.Sam.Lui è.
 Al annuì rapidamente, protetto dall'oscurità della camera, 
sentendosi orgoglioso per il fatto che, se quella nuova vita 
sarebbe sbocciata in nove mesi, il merito era stato in parte 
anche suo:
-Il piccolo Samuel sarà il ragazzino più intelligente di tutta la 
contea.Non posso dirti di più, queste sono le regole, ma so 
per certo che ti renderà fiera di lui e che tu sarai un'ottima 
madre, Lizzie.
Lei sorrise di un sorriso splendido: dunque, non tutto era 
finito, terminato per sempre, svanito assieme a quella gelida 
luce blu che le aveva portato via il cuore senza neanche 
chiederle scusa! Adesso c'era un bambino, una vita 
meravigliosa, un sogno che si sarebbe fatto carne a perenne 
testimonianza del loro amore. Lizzie pregò il cielo che 
ereditasse gli occhi profondi del padre, le sue mani 
aristocratiche, almeno la metà del suo cuore appassionato, la 
generosità del suo animo e quella bontà smisurata che 
l'aveva fatta innamorare sin dal primo istante.
Ecco quale sarebbe stato, da ora in poi, lo scopo della sua 
vita: proteggere quella creatura, ricoprirla dell'amore 
smisurato con cui avrebbe avvolto Sam se soltanto il tempo 
gliene avesse data l'occasione, aiutarlo a crescere, insegnargli 
ad amare, raccontandogli, nelle lunghe notti d'estate, la 
storia rocambolesca di una principessa tenuta prigioniera da 
un orco crudele e di un principe coraggioso venuto da un 
altro universo che aveva avuto la forza di scalare la torre in 
cui lei era rinchiusa soltanto per amore.
L'immagine olografica dell'Ammiraglio Calvicci cominciò a 
stemperarsi ed a perdersi nella vastità immobile della stanza; 
Lizzie comprese, appoggiò la punta delle dita alle labbra e gli 
inviò un bacio affettuoso.
-Non potevo andarmene senza dirtelo, Lizzie.
-Ti ringrazio, amico mio.Proteggi sempre Sam, veglia su di 
lui come farei io.
-Promesso!
-Ti voglio bene, Al.
-Anch'io, bambina.
L'ultima immagine che Al vide fu quella di una donna 
fantastica che si ripiegava su se stessa, come a proteggere la 
cosa più preziosa del mondo, gli occhi di nuovo ricolmi di 
speranza verso il futuro per se stessa e per quella nuova vita 
che da un giorno, forse due aveva cominciato a respirare 
dentro di lei; poi tutto fu buio, ma l'espressione del viso di 
Lizzie, la profondità del suo sguardo fiducioso, gli 
s'impressero sulla superficie del cuore come un tatuaggio 
indelebile che avrebbe portato sempre con sé.
-Missione compiuta, Ammiraglio.
Albert Calavicci riaprì gli occhi che aveva mantenuto 
ostinatamente chiusi e li rivolse all'elaboratore i brido-
parallelo.
-Già, ma non credere che ti farò dormire troppo sugli allori! 
Coraggio, bellezza, mettiamoci al lavoro! C'è un viaggiatore nel 
tempo da far tornare a casa.