CHAPTER TEN Residenza degli Howard Domenica, 28 Agosto 1955 Ore 01:41 Il Dottor Travis se n'era andato ormai da quasi cinque ore, ma Lizzie non se l'era sentita di chiudere le persiane della finestra della camera da letto: da una parte, escludere fuori il mondo sommerso dal temporale che continuava ad imperversare e che sembrava non dovesse finire mai, l'avrebbe fatta sentire immensamente sola e sconfitta a condividere il proprio letto matrimoniale con Gordon e, dall'altra, ancora una stupida e folle speranza la spingeva, ogni tanto, a spostare lo sguardo lontano, in direzione della casa di Dick, laddove le luci si erano ormai già spente da un pezzo, a testimonianza del fatto che, il suo usuale occupante, non sentiva alcun desiderio di venirla a trovare in piena notte. E, del resto, perché mai avrebbe dovuto provare una sensazione simile? Richard Wright la rispettava, magari era anche un po' infatuato di lei, ma non avrebbe mai osato alzare lo sguardo sul suo corpo, né cercare i suoi occhi con insistenza, che Gordon fosse presente oppure no. Richard Wright non era Sam Beckett. Non più. Gordon bofonchiò qualcosa e si rigirò pesantemente nel letto, grugnendo di dolore quando il suo naso fasciato andò a cozzare contro il cuscino e Lizzie dovette sfidare tutto il senso di ripugnanza che il corpo del marito le dava per potersi avvicinare a lui, toccarlo gentilmente e chiamarlo sottovoce per nome, affinchè lui si voltasse su di un fianco. Quell'unico contatto fra i loro corpi le fece salire un brivido lungo la schiena, mentre il nodo che già da tempo le covava in gola la costrinse a deglutire più volte nella vana speranza di riuscire a ricacciarlo giù. Socchiuse gli occhi ed inspirò profondamente, cercando di calmarsi. Il dottor Travis era stato molto gentile e molto discreto: si era scomodato a venire fino alla loro fattoria con quel diluvio non appena Lizzie lo aveva chiamato e si era presentato a casa sua neanche mezz'ora dopo che lei gli aveva telefonato, con le falde del largo cappello che grondavano acqua e la valigetta medica completamente inzuppata. Lui aveva visitato Gordon confermando in pieno le previsioni di Ziggy, gli aveva medicato il setto nasale molto rapidamente, quindi gli aveva prescritto degli antidolorifici, rassicurandola sulle condizioni del marito: avrebbe sofferto di qualche mal di testa per un po' ma non ci sarebbero state altre conseguenze e, se si fosse medicato correttamente il naso, nessuno avrebbe nemmeno notato la piccola cicatrice che sicuramente gli sarebbe rimasta. Poi si era informato, con molto tatto, sulle cause dell'incidente; Lizzie aveva risposto sottovoce che era scivolato a causa delle suole di gomma e del pavimento bagnato per la pioggia e che, cadendo, aveva sbattuto il viso contro lo specchio mandandolo in frantumi. Il dottor Travis non aveva risposto nulla, ma si era limitato a mormorare pensosamente, mentre una smorfia gli era comparsa sulla faccia, quando lei aveva abbassato lo sguardo a terra ed era arrossita tutta, stringendo le mani a pugno. Poi aveva sorriso a sentire quella pietosa bugia, colpito dal candore di quella donna e si era allontanato dal capezzale dell'infermo scotendo brevemente la testa; ma la stretta di mano che si erano scambiati era stata vigorosa e un'occhiata complice aveva confermato a Lizzie che quell'anziano dottore non avrebbe domandato nient'altro; evidentemente, tutte le volte che Gordon lo aveva fatto venire in gran segreto, per cercare di medicare la sua sbadatissima mogliettina italiana che, periodicamente, incorreva in un qualche improbabile incidente domestico, dovevano aver sviluppato in lui una segreta simpatia nei suoi confronti. Addirittura, Lizzie credette di leggergli negli occhi quasi un'espressione di trionfo, come se lui approvasse quello che ipotizzava fosse successo, come se gioisse insieme a lei per la momentanea malasorte di quel prepotente. Poi la sua solitudine era stata completa. Isolata in quella camera da letto, in quella prigione senza sbarre dove, entro un paio di giorni al massimo sarebbe stata di nuovo alla mercé di quell'unico aguzzino, era scoppiata in un pianto disperato che si era calmato soltanto dopo una buona mezz'ora e che l'aveva lasciata completamente prostrata. Gordon le russava accanto, imbambolato dagli antidolorifici, per sempre ignaro dell'omicidio che stava per commettere; anche lui avrebbe creduto a quella bugia, il suo cervello, ne era sicura, avrebbe rimosso immediatamente l'idea fastidiosa di essere stato messo al tappeto da un ragazzetto negro con cui sua moglie se la faceva di brutto. Se soltanto Gordon avesse saputo. Lizzie si asciugò una lacrima e strinse al petto il cuscino, spostandosi leggermente verso il bordo del letto, per evitare eventuali contatti con il proprio carnefice, poi vi appoggiò sopra il viso ed inspirò profondamente: addosso aveva ancora l'odore di Sam, i propri capelli, le mani, il collo ne erano impregnati, poteva sentirlo emanare da lei e perdersi lentamente nell'aria greve di pioggia; presto, molto presto, non ne sarebbe rimasta più traccia. Inspirò ancora: quell'odore era l'ultima cosa che ancora le rimaneva dell'unico amore della sua vita; nessuno ad eccezion fatta di lei, avrebbe mai saputo che cosa era successo durante quei quattro fantastici giorni. Quella notte sarebbe passata, così come tante notti erano passate da quando lei aveva cominciato a camminare su questa terra e con essa ci sarebbero stati altri giorni e poi altre notti ed altre stagioni e poi gli anni e con gli anni la vecchiaia, la stanchezza del corpo e dell'anima ed infine la morte, pietosa, l'avrebbe accolta tra le sue braccia. Oh, come le sarebbe piaciuto rivedere il volto di Sam ancora una volta, accarezzare il suo profilo perfetto, seguire con un dito le rughe che si formavano attorno alle sue labbra quando sorrideva, respirare il suo alito caldo, ascoltare la sua voce un po' nasale sussurrarle "Ti amo", sentirlo invocare il proprio nome come in Africa il deserto invoca la pioggia e farsi accarezzare piano per una notte intera, sicura che, al risveglio, avrebbe trovato un paio di occhi dolcissimi fissi sul proprio viso ed intenti a spiarle i sogni nell'animo per accertarsi che niente la potesse turbare neanche lontanamente. Tutto questo aveva avuto in soli quattro giorni e come ci si era abituata presto! Tanto rapidamente il proprio corpo aveva appreso ad amare e ad essere amato con la stessa intensità quanto difficilmente sapeva che si sarebbe rassegnata a portare il peso del proprio matrimonio sulle spalle. Erano passate soltanto poche ore e già il dolore lancinante che provava all'altezza del cuore le aveva fatto capire quanto lui le mancasse, quanto sarebbe stata penosa e greve la sua vita d'ora in poi, quanto difficilmente quel freddo che sentiva montarle dentro e che le faceva battere i denti benché l'aria si fosse appena appena rinfrescata, se ne sarebbe andato via: le si era appiccicato alle ossa, come una malattia subdola ed insidiosa e avrebbe continuato così, a divorarla un po' per volta ancora per lunghi ed estenuanti anni. Quella con Gordon non era vita, non lo era mai stata; che riprovasse pure ad ammazzarla, le avrebbe fatto soltanto un favore. Quei quattro giorni, quella era stata vita; quelle ore passate a sognare e a respirare ogni secondo, pregando la sorte perché il tempo si arrestasse consentendole di vivere in un attimo perfetto, quelle erano state perle di felicità. Come potevano pretendere che adesso il suo cuore potesse dimenticare tutto, fare finta di niente, riprendere la non-vita che Sam le aveva scrollato di dosso come un guscio vuoto senza emettere nemmeno un suono? Voglio vivere, voglio vivere di nuovo! Mio Dio, Sam, perché te ne sei andato? Credo che non ce la farò, se tu non torni qui! Ho bisogno di te. Lizzie affondò i denti nel cuscino, spremendolo contro la sua faccia con forza, per evitare di fare rumore. I suoi singhiozzi disperati e lugubri, incontenibili e violenti, si fusero col russare tranquillo e monotono di Gordon, come i colpi di una campana a morto rintoccano funesti alzandosi a tratti sul vociare lontano del resto del mondo, ancora ignaro dell'ultima sciagura, mentre sul suo cuore spezzato s'incideva indelebilmente la parola FINE.