NINE CHAPTER

Residenza degli Howard
Sabato, 27 Agosto 1955
Ore 19:59


Lizzie ci aveva messo un po' a capire esattamente cosa stesse 
succedendo: lei e Sam erano in piedi, al centro della camera 
da letto e si stavano baciando con tutta la passione che può 
dare la paura appena scampata dell'abbandono. Lei aveva 
preso a sbottonargli rapidamente la camicia per poterlo 
accarezzare meglio, sentire con forza quanto lui 
effettivamente le appartenesse, quanto intensamente la 
desiderasse e fugare così ogni dubbio riguardo a quella 
sconosciuta, a quarantacinque anni luce di distanza, che 
portava un anello al dito e ne rivendicava ogni diritto.
Cominciò a sentirsi le gambe molli, le ginocchia piegarsi dal 
desiderio che lui la toccasse ancora, che percorresse con le 
labbra la sua gola, risalendo lungo il suo profilo come lungo 
una dolce e sinuosa strada che lo avrebbe riportato, una 
volta per sempre, a casa, sul suo petto, dove avrebbe potuto 
riposare tranquillo fino alla fine dei loro giorni. La mente, 
annebbiata dalle carezze, smise di mettere a fuoco i dettagli 
intorno, all'infuori del volto di Sam, delle geometrie perfette 
del suo corpo e cominciò ad andare lentamente alla deriva, 
lungo il fiume del piacere e del sogno.
Era magnifico sentire i propri cuori scandire lo stesso tempo, 
emettere quei corti e rapidi respiri praticamente nello stesso 
secondo, leggersi in fondo agli occhi le stesse incertezze, il 
medesimo, enorme desiderio, scambiarsi la pelle e sognare 
che quel momento non avesse mai fine. Dio, com'era diverso 
da quello che Gordon le aveva sempre dato: in Sam non c'era 
violenza, non c'era costrizione, era come essere portati dalle 
onde dell'oceano senza alcun pericolo di affogare e sentire il 
calore aumentare e perdere i confini fisici del mondo, ridurre 
la reale distanza che li separava e lasciare che anche l'aria 
incorporea si richiudesse su di loro come uno scrigno, a 
contenere e proteggere il loro tesoro.
Sam le stava mormorando "scusami" per l'irruenza del 
proprio desiderio, per i morsi leggeri che mescolava ai baci 
mentre la sua bocca tiepida passava in rassegna le proprie 
conquiste e si preparava a scalare la Torre d'Avorio 
assediando il suo corpo da ogni lato.
Poi quella cosa entrò, spalancando la porta con violenza, 
spezzando il cerchio magico del sogno che li stava portando 
su di un altro pianeta: era lucente, liscia e fredda;
era la canna di un fucile.
-Ziggy!.Oh mamma.Dove diavolo ha preso quel fucile?- 
Anche Al era riapparso proprio in dirittura d'arrivo dell'arma; 
la camicia stropicciata ne sfiorava quasi la canna. Lui 
indietreggiò istintivamente e si mise da parte; alle sue spalle, 
anche Sam si era accorto, con un centesimo di secondo di 
anticipo sull'amico, di quello che stava per accadere e aveva 
spinto Lizzie dietro di sé, cercando di farle da scudo con il 
proprio petto nudo.
Nel silenzio della serata, rotto solo dal rimbombare cupo dei 
tuoni, Sam incrociò lo sguardo di Gordon.
Ed ebbe veramente paura.
Gordon era rigido, i muscoli contratti pronti a scattare, 
accarezzava nervosamente il grilletto di quel fucile a canne 
mozze che teneva puntato contro il petto di Sam; era zuppo 
d'acqua, con i capelli ricci che gli si appiccicavano sulla 
fronte mentre pesanti goccioloni di pioggia gli scivolavano 
lungo il viso, finendogli negli occhi. Ma il cacciatore rimaneva 
immobile, senza perdere di vista le proprie prede: nello 
sguardo, animato da una luce sinistra e fredda, Sam lesse a 
chiare lettere la condanna a morte per sé e per Lizzie, senza 
alcuna possibilità di appello.
-Sam.Sta' calmo, Ok? Gooshie! Dimmi se quel dannato 
fucile è carico.-Il collegamento manuale brillò, ma Al non lo 
guardò neppure: l'espressione di Gordon non lasciava adito a 
dubbi.
-Tesoro, non sei contenta di vedermi?- Sibilò nel silenzio 
generale, alzando di più il tiro del fucile.- Ti ho fatto una 
sorpresa.Pensavo che ti avrebbe fatto piacere se fossi 
tornato prima.
-Gordon, ascolta.
-Sta' zitto tu, animale! O vuoi che ti tappi la bocca per 
sempre?! Da quando in qua ti ho dato il permesso di 
chiamarmi per nome? Gliel'hai dato tu, Lizzie? A quanto 
pare, ci sono parecchie libertà che gli hai concesso.
-Gordon, non è come pensi.-La testa di Lizzie sbucava, a 
tratti, da dietro la spalla di Sam, come un pendolo lanciato a 
folle velocità.
-Ah no?!- Lui mirò al viso di Sam e contrasse il dito sul 
grilletto- allora non ti dispiacerà, vero, se elimino subito 
questo cane.
-Signor Howard- sussurrò Sam, cercando con quegli occhi 
disumani una specie di contatto.
-Parlagli lentamente e con calma, Sam, d'accordo?- 
L'Ammiraglio Calavicci aveva cominciato a sudare freddo.
-Signor Howard, la prego, non lo faccia.-Deglutì a fatica 
continuando a fissarlo- Lei non è un assassino.- Ma non ne 
era effettivamente sicuro.
-E tu che cazzo ne sai? Ne ho ammazzati parecchi, durante 
l'ultima guerra e non mi sono mai pentito una volta di 
niente, non ho mai avuto quegli incubi da femminuccia di cui 
tanto si parla. Cazzate! Il loro sguardo, capisci, lo sguardo di 
quei bastardi, di qualsiasi età e razza fossero non aveva 
importanza, mi bastava leggergli in faccia quella loro ultima, 
stupida, vigliacca preghiera che sparargli mi dava una 
marcia in più! E anche tu, sporco negro, anche tu adesso hai 
quello sguardo, spaventato, terrorizzato, senza speranza.Sei 
un codardo, un ladro figlio di puttana e meriti di morire. 
Perciò raccomanda l'anima al tuo Dio e saluta quella piccola 
sgualdrina. Quando avrò finito con te le farò rimpiangere di 
essere nata!
-Gordon, ti prego.
-Non parlare tu! Tu non hai alcun diritto, sei peggio di lui! 
Con me no, con me facevi la sostenuta.Vi ho spiato dalla 
finestra, ho visto come lo baciavi, come ti facevi toccare e ti 
avvinghiavi a lui, come una cagna in calore! Ma te li farò 
passare io i bollenti spiriti.- Si passò la lingua sulle labbra e 
la fece schioccare, pregustando già il momento. Gli dava un 
piacere immenso avere in mano le loro vite, leggergli negli 
occhi una somma implorazione, vederli tremare dal terrore 
dinnanzi a lui, come se i loro sentimenti riuscissero a farlo 
sentire di nuovo, finalmente vivo.
-Forza tu.-Fece cenno a Sam- non voglio imbrattare la mia 
camera da letto con il tuo sangue schifoso! Cammina e non 
fare scherzi!
-No, Sam, non andare.Ziggy dice che, se ti fai portare fuori, 
sarai morto nel giro di trenta secondi!- Gridò Al disperato.
-Che cosa posso fare?- Gli domandò di rimando Sam, 
stringendo con forza il polso di Lizzie, sentendolo tremare tra 
le proprie dita come se fosse attraversato da una corrente 
elettrica.
-Comincia a pregare.-gli rispose freddamente Gordon, 
gettando per un secondo un'occhiata allo specchio appeso 
alla parete, ammirandosi nella propria potenza e 
rabbrividendo di piacere nell'immaginare Lizzie che lo 
supplicava di lasciarla andare e lui premerle la faccia sui 
cuscini, con le mani lorde del sangue ancora caldo di quel 
bastardo, stringerle la gola bianca e pulsante e possederla 
tiranneggiando il suo esile corpo a piacimento.
Sam fece per muoversi e lui riportò rapidamente lo sguardo 
sull'obiettivo:
-Ehi, negro, non è una mossa furba questa.Vuoi muoverti o 
preferisci pisciarti addosso sotto ai suoi occhi e costringermi 
a spararti qui, coniglio?
-Oh mamma, Sam! Qui si mette male...Maledetto, Maledetto! 
Lasciali stare!- In preda al furore ed alla frustrazione, Al 
aveva cominciato a prendere Gordon a pugni, 
attraversandogli ovviamente il corpo senza ottenere alcun 
risultato.
-Gordon, lascialo stare! E' me che devi punire, non lui.Se 
mi vuoi, prendimi, sono qui.-La voce di Lizzie, sottile ma 
decisa, si era alzata a dominare quel silenzio vuoto come un 
falco domina la vastità dei cieli. E adesso, scioltasi dalla 
stretta di Sam, si stava muovendo, molto lentamente, in 
direzione del marito.
-Lizzie, non lo fare!- Avevano gridato Sam ed Al all'unisono. 
Ma le loro parole rimasero inascoltate. Annalisa, fiera e 
maestosa nella propria determinazione ostinata, stava 
avanzando, con gli occhi asciutti e le lacrime ricacciate in 
gola, verso il proprio destino; non poteva permettere che Sam 
morisse, non sarebbe sopravvissuta a lui un attimo di più.
Gordon spostò lo sguardo su di lei, su quella creatura forte e 
fragile allo stesso tempo: non lesse più paura in quei due 
occhi enormi, ma decisione e coraggio e andò su tutte le 
furie.
-Avevo un altro programma per te, piccola puttana.Ma forse 
è meglio così, forse al tuo amichetto piacerà guardare mentre 
io e te ci divertiamo un po'.
E Gordon commise un errore.
Aveva staccato lo sguardo da Sam che, rapido come una 
tigre, aveva allungato il braccio destro afferrando con forza la 
canna del fucile, che aveva sparato a vuoto, infrangendo il 
grosso specchio appeso alla parete. La superficie era esplosa 
in mille frammenti che avevano investito prima Gordon e poi, 
di striscio, Lizzie; lui aveva emesso un ululato terribile, 
mentre il fucile gli scivolava di mano e si era avventato su 
Sam come uno squalo pronto a dilaniare un pesce ferito.
Ma il Dottor Beckett non si era lasciato cogliere di sorpresa e, 
con uno scatto felino, lo aveva colpito al volto con violenza, 
facendolo cadere pesantemente al suolo. Sam si gettò su quel 
corpo tozzo e cominciò a riempirlo di pugni, come se fosse 
stato un pugile alle prese con il proprio sacco per 
l'allenamento, con gli occhi iniettati di sangue e l'adrenalina 
che gli pompava nelle vene e lo spingeva a colpirlo ancora, 
con tutta la rabbia che sentiva montare contro quell'essere 
spregevole, come un'inarrestabile onda di marea.
-Sam.Basta.Ti prego, fermati.Sam!- Lizzie gli appoggiò 
una mano sulla spalla e, a quel contatto, lui si arrestò; la 
sua furia cieca si placò lentamente, gli fece rilasciare la mano 
e gettare un'occhiata a quel qualcosa che ancora teneva 
stretta con il pugno sinistro: era il colletto della camicia di 
Gordon: la sua testa penzolava nel vuoto, il viso ricoperto di 
sangue, inerte, come un fazzoletto sporco agitato dal vento. 
Lo appoggiò con cautela al suolo e gli tastò la vena giugulare, 
senza riuscire a sentirsi sinceramente in colpa.
-E'.-Sussurrò Annalisa, senza osare dar voce al proprio 
pensiero.
-No- Rispose asciutto Sam- Vai a prendere qualcosa per 
pulirgli la faccia mentre io lo distendo sul letto.
Quando lei fu uscita dalla porta, Sam la accostò prima di 
rivolgersi interrogativamente verso Al, una muta domanda 
rinchiusa negli occhi, come un pesce timoroso in una boccia 
di cristallo.
-Sam.-Sospirò l'ammiraglio Calavicci- Odio la parte del 
Bianconiglio guasta feste.Ma temo che il tuo tempo stia per 
scadere.
-No, non è possibile.
-Ziggy non ha dubbi, Sam.-Ed agitò a dimostrazione delle 
proprie affermazioni il collegamento manuale che squittì 
debolmente dinnanzi ai suoi occhi.- Le hai salvato la 
vita.Missione compiuta, dunque!
-Dimmi che succederà adesso.-Sam sussurrò, mentre si 
caricava il fardello di Gordon sulle spalle e le sue gambe 
vacillavano sotto quel peso mentre una fitta all'altezza del 
collo gli impediva di concentrarsi realmente su quello che le 
parole"Missione Compiuta" significavano realmente.
-Oh beh, Gordon rimarrà incosciente per un paio d'ore circa, 
ma poi si riprenderà. Ziggy dice che non si ricorderà niente e 
che penserà di essere scivolato per la pioggia. Su Lizzie, 
purtroppo, non abbiamo ancora niente, nada, nessun dato, 
probabilmente per l'interferenza che le sue onde cerebrali 
hanno sempre provocato ai chip di Ziggy.Mi dispiace, 
Sam.-Fu tutto quello che riuscì a dire, prima di voltarsi a 
fissare sconsolatamente la parete.
Scacco matto, Dottor Beckett; ancora una volta. Hai voluto 
rischiare, credevi che i tuoi desideri contassero qualcosa e 
invece non sei niente, soltanto un burattino con una parte 
complicata tra le mani infinite di un burattinaio grottesco che 
non riuscirai mai a guardare in faccia.
"Perché? Perché? Perché?.".
-Non posso andarmene, Al!
-Temo che tu non abbia scelta.
In quel momento, Lizzie rientrò reggendo delle bende e 
qualche asciugamano; le bastò puntare gli occhi addosso a 
quei due, osservarli abbassare  lo sguardo e fissare il 
pavimento troppo rapidamente per capire, immediatamente.
-Oh no!- Gridò, gettandoglisi fra le braccia- Non puoi andare 
via, non ora.Di chi è questo sangue? Sei ferito? Al, lascia 
che io mi prenda cura di lui, ancora per stanotte, solo per 
qualche ora.Ti prego!
-Lo vorrei tanto, ma non sono io che decido-e si voltò 
tristemente a guardare fuori dalla finestra la pioggia battere 
violentemente sui vetri.
Lizzie continuava a balbettare"Sei ancora tu?" velocemente, 
cercando di non pensare, riempiendosi le narici del suo 
profumo, imprimendosi le forme ed il calore del suo corpo 
sulla propria pelle. Mano a mano che i secondi, inesorabili, 
passavano, scanditi dalle gocce di pioggia battente, si sentiva 
invadere dal panico e lo stringeva convulsamente, con gli 
occhi serrati, senza avere il coraggio di aprirli, per paura di 
vederlo svanire da sotto le sue dita con la stessa rapidità con 
cui il fumo si dissolve nell'aria.
-Lizzie, ascoltami, non ho molto tempo.- Sam portò a 
contatto le loro fronti, sostenendole il viso con le mani 
all'altezza delle guance.- Di Gordon non ti devi preoccupare, 
Ok? Non si ricorderà di niente.-Lei annuì, gli occhi chiusi, 
ultimo baluardo contro il ritorno del nulla.
-Quanto a Dick.- Continuò Sam, rivolgendosi rapidamente 
ad Al.
-Oh.-Al si sentì chiamato in causa e prese la parola, senza 
avere il coraggio di guardarli- lui starà benone. Si laureerà e 
diventerà un ottimo dottore.
-Tu dunque eri qui per salvarmi la vita?- Lizzie tirò su col 
naso e deglutì.
-Sì.
-Mio Dio, non ha senso.Ma lo sanno da voi che se te ne vai 
mi spezzerai il cuore? Che scherzo atroce, Sam: tu hai 
salvato la mia vita.Ma io vorrei essere morta.
-Non dire così.-Lui le baciò gli occhi, bruciati da lacrime di 
sale, poi le labbra tremanti, quindi riprese:- Non dire che non 
ha un senso.Tutto quello a cui riesco a pensare è che se 
soltanto avessi cambiato anche una minima cosa della mia 
vita, non sarei mai arrivato qui, fino a te.Sei la donna più 
fantastica che io abbia mai conosciuto. Qui, nel mio cuore, 
non ti dimenticherò mai, amore e ti amerò finché avrò vita, 
mi hai capito?- Lei annuì debolmente, incapace di ribattere- 
E un giorno tornerò da te, te lo prometto e ti tormenterò così 
tanto che ti pentirai di aver pregato affinché io tornassi!
Lizzie sorrise, tra le lacrime.
-Bugiardo.- Sussurrò, sapendo bene che non lo avrebbe 
rivisto mai più. Si baciarono ancora, con passione, per 
qualche secondo, poi lei si sciolse dal loro ultimo abbraccio.
-Non ci riesco, Sam. Non posso rimanere qui, con le mani in 
mano, ad aspettare che tu sparisca e continuare ad 
abbracciarti sapendo che, fra un secondo.
-Allora andrò fuori ad aspettare.
Lei annuì e gli accarezzò la fronte leggermente.
-Fa' attenzione.
-Anche tu. Al resterà qui con te finché io non sarò saltato.
-Va bene.
-Ti lascio il mio cuore; trattalo bene.
-Ti amo Dottor Beckett.
Lui spinse docilmente la porta ed uscì dalla camera da letto, 
continuando a tenerla per mano, senza riuscire a lasciarla 
completamente andare; quando arrivò in cucina, spalancò 
l'uscio che dava sul retro e corse fuori, tra la pioggia.
Lizzie si accasciò su di una sedia e pianse amaramente: ogni 
centimetro del suo corpo le stava urlando di non lasciarlo 
andare via, di fare qualsiasi cosa purché le sue mani 
potessero accarezzarla di nuovo con quel tocco fantastico che 
solo lui possedeva. Era l'amore della sua vita quella sagoma 
che si fondeva con le tenebre della notte, era il suo destino 
quel puntolino affogato di pioggia.
-Quanto manca, Al?- La voce le uscì strozzata e con difficoltà.
Lui le apparve accanto.
-Uno, forse due minuti.Sei una donna davvero speciale, 
Lizzie!
Lei lo guardò scotendo la testa, gli occhi gonfi di pianto e 
traboccanti di disperazione.
-No.Sono solo un'idiota.Se fossi speciale non gli 
permetterei di farmi questo.
Poi spostò rapidamente lo sguardo ed accarezzò la sagoma 
del lavello; lì, a ridosso di quel muretto, giovedì sera lui 
l'aveva stretta e toccata per la prima volta, le loro mani si 
erano congiunte, le loro anime si erano riconosciute ed unite, 
legate per sempre dal filo invisibile dell'amore vero.
Adesso le stavano venendo in mente tantissime cose, una 
montagna di sciocchezze, di verità e di dolci bugie che non 
era riuscita a dirgli e che tra poco non avrebbero potuto 
condividere mai più, che si sarebbero spente nella 
malinconia degli interminabili pomeriggi da passare la fianco 
di Gordon, nella sofferenza delle notti spese accanto a lui, ad 
avere paura, ad ascoltare il suo respiro pregando Iddio che 
non si svegliasse, che non allungasse le sue mani tozze per 
cercarla e per punirla per lo squallore e l'insoddisfazione 
della propria vita.
I suoi piedi si mossero, le sue gambe si drizzarono pronte allo 
scatto, la luce dell'ultima speranza le si accese negli occhi; Al 
la guardò, capì e le sorrise dolcemente.
-Corri da lui, avanti!
Poi rimase immobile a seguire dalla finestra quella sagoma 
scura attraversare correndo il portico, raggiungere a grandi 
balzi il proprio obiettivo; le due forme danzarono unite 
nell'oscurità della notte, strette in un abbraccio che non 
aveva bisogno di parole, come due acrobati tremanti su di un 
solo, sottilissimo, filo.
Poi la luce, di un freddo, blu elettrico arrivò; calò con rapide 
ali, inglobò e ghermì la vittima predestinata e la portò via con 
sé, senza quasi far rumore. L'altra sagoma, a contatto con la 
luce, gelida come la lama di una ghigliottina, si staccò 
improvvisamente da quell'abbraccio, vacillò, come un birillo 
colpito in pieno e poi cadde nel fango, inghiottita dalla pioggia 
e dal buio.