CHAPTER ONE



Mercoledì, 24 Agosto 1955


-Accidenti.Sembra davvero di essere sul set di uno di quei 
fantastici film western degli anni cinquanta!- Albert Calavicci 
aspirò due profonde boccate dal proprio sigaro mentre la 
porta olografica si chiudeva, con la velocità di una 
ghigliottina, alle sue spalle. Vestito com'era, con una camicia 
hawaiana a fiori verdi, gialli e fucsia , un paio di pantaloncini 
cachi a mezza gamba e le scarpe di ginnastica ai piedi, tutto 
lo si sarebbe ritenuto, fuori che un ammiraglio della marina 
degli Stati Uniti.
-Non è fantastico qui, Sam? Ci manca solo Gary Cooper.E 
qualche bionda, scollata, ballerina di Saloon.Te l'ho 
raccontata la storia che ho avuto  con una danzatrice del 
ventre di nome Filiz? Sì. Lei aveva un magnifico ombelico 
che conteneva un magnifico diamante e chi riusciva a 
toccarlo mentre lei ballava.Aveva diritto ad una magnifica 
notte nella sua magnifica tenda in compagnia di lei e delle 
sue magnifiche amiche e.Sam!- Esclamò Al con curiosità, 
rendendosi conto solo in quel momento di star parlando al 
vento, come fosse un pazzo- ma dove diavolo sei finito? 
Gooshie!!! Ti avevo detto di centrarmi su Sam!- il piccolo 
collegamento manuale, fatto di cubi colorati da luci 
psichedeliche, cominciò a squittire e ad illuminarsi come un 
albero di natale impazzito, quasi volesse protestare per le 
ingiuste recriminazioni dell'Ammiraglio Calavicci.- Me ne 
frego di quello che dice Ziggy! Sam non è qui! Come sarebbe 
che è a quattro metri da me.
Al si sporse in avanti, guardò teatralmente in alto, poi alle 
sue spalle, quindi in basso, come se stesse cercando una 
formica e finalmente lo vide: giaceva a terra, a faccia in giù 
nella polvere, un braccio lungo, disteso davanti a sé e l'altro 
ripiegato sotto il corpo, in una posizione scomoda ed 
innaturale.
-Ehi, amico, stai bene?- Al si avvicinò guardingo, riponendo 
in fretta il collegamento manuale nella tasca degli shorts, 
fingendo di non sentire i rumori che ne provenivano, 
chiaramente degli atti d'accusa per la sua tronfia 
sbadataggine.
-Stai giocando al formichiere?- La sua battuta di spirito non 
ebbe alcun effetto. Al cominciò a preoccuparsi e si abbassò 
sul corpo dell'amico.
-Ragazzo, riesci a sentirmi? Gooshie!!! Che diavolo ha 
adesso?!
Il piccolo collegamento manuale cominciò ad emettere dei 
sibili sempre più fragorosi ed Al lo estrasse dalla tasca 
sbuffando.
-Tra.Tra che cosa?! Uma?! E' il nome di una donna per 
caso? Che succede tra questa Uma e Sam? Tra-uma.Ah, 
trauma! Gooshie fra quanto si riprenderà?- Il collegamento 
squittì di nuovo, stavolta in modo più preoccupante.
-Ma cosa vuoi che faccia?! Sono un ologramma, non           
Sai Baba! Sam.Coraggio ragazzo, mi senti?
Molto lentamente, prima ancora che gli occhi si aprissero, le 
labbra del Dottor Beckett si mossero, come se stessero 
recitando una muta preghiera; quindi, dopo qualche 
secondo, le palpebre cominciarono ad alzarsi con fatica, per 
poi ricadere pesantemente come due vecchie saracinesche 
arrugginite. 
-Andiamo, Sam.
Lui borbottò qualcosa, poi ruotò gli occhi senza coscienza 
verso l'alto, in direzione dell'amico; qualcosa dentro di lui 
scattò, forse il ricordo del dolore recente, di un uomo appena 
intravisto che l'aveva picchiato invece di aiutarlo e lo fece 
raggomitolare in se stesso, assumendo una posizione fetale.
-Sta calmo Sam!- Esclamò l'ologramma incredulo- Sono io, 
Al.Non mi riconosci?!
-Al.-Con calma la piena consapevolezza tornò nella mente di 
Samuel Beckett, e con essa la sensazione fisica del dolore lo 
attanagliò di colpo, stringendolo malignamente come 
un'enorme morsa alle gambe.
-Sam, adesso devi alzarti in piedi, in fretta però.
-Non ce la faccio, Al!
-Sì che ce la fai; Ziggy dice che non hai subito niente di serio 
e che fra un paio d'ore ti sentirai meglio.Ma se non ti tiri 
subito su, quella specie di Pecos Bill che adesso sta 
tormentando e marchiando sadicamente i suoi vitellini, fra 
poco tornerà qui da te e vorrà fare il gioco del lazo.
Sam si sollevò con difficoltà sulle ginocchia e cercò di 
respirare profondamente: le gambe gli si piegavano, come 
fossero di cera.
-Molto bene, ragazzo! La vedi adesso quella piccola casetta 
laggiù?
Beckett scosse affermativamente la testa.
-Okay, quella è casa tua.Tecnicamente è una specie di 
deposito degli attrezzi che la moglie di mister frusta facile ha 
rassettato e che i colombi affittano ai fortunati che 
stagionalmente vengono qui a lavorare. Dirigiti verso quella 
casa; io ti aspetto all'entrata!
E Sam Beckett si ritrovò di nuovo solo.
Percorse penosamente quei pochi metri che ancora lo 
separavano da quella costruzione, un puntolino che si 
perdeva tra la vastità dei pascoli, ma che per lui, al 
momento, era una specie di ancora di salvezza, l'unico 
rifugio, un luogo di ristoro per i suoi nervi scossi e le sue 
membra assai indolenzite.
Aprì la porta con cautela: l'odore di pulito, il silenzio, la 
penombra data dalle tende tirate e la frescura persistente gli 
piacquero subito; si accasciò sulla prima sedia che trovò, 
all'interno di quella che doveva essere una minuscola cucina, 
lasciando ad Al il compito di fare una breve ispezione.
-Tutto tranquillo, sembra non ci sia nessuno.
-Grazie mille, Sherlock! 
Per tutta risposta, Al storse leggermente le labbra e preferì 
soprassedere sull'osservazione ironica.
-Dunque.Vediamo un po'.Ti chiami Richard Wright, ma 
tutti ti chiamano Dick, sei uno studente di colore iscritto al 
terzo anno della facoltà di medicina di ***. In questo 
momento ti trovi a *****, un piccolo paesino nel Sud della 
Louisiana e lavori nella fattoria per pagarti gli studi.
Sam si alzò con fatica, spalancò il frigo e si attaccò con le 
labbra arse dal sole al collo della prima bottiglia d'acqua.
-Il tuo compito è quello di evitare che Dick si faccia molto 
male.
Sam scoppiò in un violento attacco di tosse mentre le poche 
gocce d'acqua gli finivano di traverso.
-Al!!! Un vitellino per poco non mi menomava.Se non mi è 
successo niente di grave, perché sono ancora qui?!- 
Strabuzzò gli occhi e si tastò meccanicamente, accertandosi 
di essere, per quanto malconcio, ancora tutto intero.
-Ehi, sta calmo!- Lo redarguì Al, scotendo con violenza il 
bisbetico collegamento manuale- non intendevo male in quel 
punto.
-E allora cosa intendevi?- Sam rilasciò il respiro e si diresse 
attraverso l'unica porta presente oltre quella d'ingresso: 
pochi passi in un corridoio oscuro su cui si aprivano due 
porte in legno. La prima, a destra, semiaperta, lasciava 
intravedere un minuscolo bagno mentre la seconda 
nascondeva un'altrettanto minuscola camera da letto spoglia 
e desolata: nessun quadro alle pareti, nessun paralume a 
proteggere l'unica lampadina che ciondolava pigramente dal 
centro del soffitto. Un vecchio letto matrimoniale ed una pila 
instabile di libri di medicina e anatomia erano gli unici pezzi 
di mobilio di quell'ambiente triste e vuoto.
Sam si avvicinò con curiosità al primo volume e lo sollevò: la 
vista della testa di Al che sbucava da sotto la pila lo fece 
spaventare.
-AAAH!- Gridò, lasciando cadere il libro che trascinò, nella 
sua folle corsa fino al pavimento, tutti i rimanenti colleghi 
con sé.
-Quante volte ti ho detto di non farlo!!! Maledizione!- Provò 
una fitta dolorosa quando si inginocchiò per risistemare il 
piccolo disastro.
-Fare cosa?- Al premette un bottone azzurrino e subito 
ritornò ad un'altezza accettabile rispetto al pavimento.- 
Comunque, gradirei che tu mi ascoltassi.O ti sei affezionato 
al marchese De Sade?!
Sam lo guardò con disgusto, gli occhi gli si rimpicciolirono 
per la rabbia.
-Dimmi cosa devo fare e andiamocene via di qui!
-Molto bene. Secondo Ziggy ci sono ben 87 probabilità su 
cento che tu sia qui per salvare la vita a Dick e a Lizzie.Bel 
nome, vero? La mia ter.No, forse quarta.
-Al!!!
-Scusami..MMMMH- l'ologramma si schiarì la gola, 
cercando di arrestare il flusso ingente dei propri spiacevoli 
ricordi coniugali- Lizzie, ossia Annalisa Howard, la moglie del 
tuo amico mandriano, il Signor Gordon Howard. Nella storia 
originale Gordon sorprese Dick a dare.lezioni di anatomia a 
sua moglie Lizzie e la uccise con un fucile a canne mozze 
quindi, non del tutto soddisfatto, legò il povero Dick ad un 
cavallo e lo trascinò in circolo per oltre quattro ore, finchè 
non fu più possibile distinguere le mani dai piedi, e per finire 
si puntò il fucile alla tempia.-Un rapido colpetto di taglio al 
contatto manuale, che reagì squillando con forza-ponendo 
fine alla propria miserabile vita. Tutto sommato è un salto 
allegro, no?
Sam sospirò, rialzandosi lentamente dal pavimento e spiò 
attentamente l'amico; quella lettura lo aveva impressionato e 
colpito nel profondo, lo sapeva! Al era fatto così: aveva il 
cuore tenero come un pezzo di pane e l'animo profondamente 
buono ma la vita e le sue circostanze crudeli, l'avevano 
costretto a mascherare i suoi pregi sotto una scorza di 
coriaceo cinismo.
Era questo che Sam ammirava di più nel suo migliore amico: 
la capacità di commuoversi ancora, il rispetto che ancora 
nutriva per il genere umano e gli occhi da bambino festoso 
con cui, sebbene non fosse più molto giovane, aveva sempre 
guardato alla vita, come a un dono o ad una bella donna con 
un carattere molto particolare.
-Che stai guardando?- Al lo fissò incerto, cercando di cogliere 
qualche motto del suo animo.
-Niente.Bella camicia.
-Sam.Anche se da noi siamo in aprile, fa caldo in questi 
dannatissimi corridoi sotterranei! E quando fa caldo Ziggy 
comincia a dare i numeri e se Ziggy dà i numeri l'alito di 
Gooshie diventa più pestifero delle fogne di Calcutta.
-Guarda che non volevo prenderti in giro!- Il tono di scusa 
nelle parole di Sam era sincero, ma Al non lo stava a sentire: 
la sua mente brillante e veloce era già partita per la tangente.
-E se a Gooshie puzza l'alito io non ho voglia di parlargli e mi 
comporto male con lui.Così Tina mi ha detto che sono senza 
cuore e, per consolarlo, stasera lo porterà a Las Vegas.
-Che cosa farà?!- Stavolta Sam rimase stupito.
-Lo trascinerà a Las Vegas, hai sentito benissimo! E non 
resterò che io qui sotto, nel ventre della terra, assieme a 
qualche soldato che mi fa il saluto militare tutte le volte che 
devo andare in bagno e ad un elaboratore ibrido parallelo che 
non ne vuole sapere di funzionare!
Come se si fosse sentito chiamato in causa, il contatto 
manuale cominciò a squillare, emanando lampi di luce rossa 
e blu, mentre l'immagine olografica di Al cominciava a 
destrutturarsi senza un apparente motivo.
-Al, che sta succedendo?
-Succede che oggi è una cattiva giornata Sam!- L'ammiraglio 
Calavicci colpì violentemente il piccolo computer tascabile e 
la sua immagine si ristabilizzò per qualche secondo.
-Ziggy ha fuso -commentò sarcasticamente- che novità!
-Dick.Sei in casa?- Una voce femminile, dall'accento 
leggermente preoccupato, risuonò debolmente da oltre la 
porta d'ingresso e poi un rumore soffocato, come se qualcuno 
avesse bussato timidamente due o tre colpi contro il legno 
massiccio.
-Beh, credo che stia arrivando la tua Florence Nightingale!- 
sentenziò Al- Senti, se è vero quello che si dice e cioè che chi 
si somiglia si piglia, non credo che questo per te sarà un 
salto complicato. Tutto quello che dovrai fare con molta 
probabilità sarà stare lontano da una grassona, alcolizzata, 
vecchia megera del Sud.
La porta si aprì con un tocco leggero ma deciso, rivelando la 
giovane donna che ne stava dietro: teneva la mano destra 
con cui aveva aperto l'uscio ancora a mezz'aria, come se si 
fosse stupita anch'essa della propria risoluzione nell'aprire la 
porta; aveva i capelli scuri, leggermente ondulati, stretti in 
una coda molto alta sul capo, la pelle un poco abbronzata, gli 
occhi dello stesso colore dei capelli ed un'espressione di 
sollecita preoccupazione che le animava il volto e le guance. 
Il collo lungo e sinuoso risaltava un po' pallido in contrasto 
con la coda di cavallo, mentre due gambe snelle e ben 
modellate sbucavano da sotto la gonna dell'abito a quadri 
stretto in vita da un nastro giallo.
Silenzio.
-Lizzie.- Sam sussurrò il suo nome, sicuro che fosse quello 
giusto. Lei si stupì di quella nuova tonalità, di quella 
sfumatura di confidenza che avvertì in quella voce che, per 
un qualche motivo le sembrava di colpo diversa, più matura 
e che le fece venire la pelle d'oca.
-Dick.- Lei sorrise e si portò subito una mano davanti alle 
labbra, per coprire quella specie di arcobaleno che era in 
grado di sprigionare con un solo sorriso. Poteva avere 22, al 
massimo 24 anni ma qualcosa, in fondo a quei suoi occhi 
enormi, gli diceva che la vita l'aveva già messa duramente 
alla prova.
-Che ti succede? Gordon ti ha picchiato molto forte? Non mi 
riconosci più?- Il tono concitato nella voce di lei gli fece 
ricordare che lui non era Sam Beckett, non esattamente 
almeno, che il suo nome era Richard,Dick, Wright e che 
probabilmente Dick non l'avrebbe mai guardata a quel modo, 
come se la stesse davvero vedendo per la prima volta.
-Sto bene.Sto bene, grazie .- Solo allora si ricordò di Al e si 
voltò alla propria destra: anche l'ammiraglio Calavicci era 
rimasto estasiato, con il bizzoso collegamento manuale che 
continuava a strillare senza pietà, immobile con le pupille 
dilatate ed un quantitativo di testosterone abnorme che gli 
scorreva nelle vene.
-Al!!!- Non gli piaceva il modo rapace con cui la stava 
guardando.
Al?- Gli fece eco Lizzie e si voltò a guardare nel vuoto, lì dove 
c'era l'ologramma, quindi si girò di nuovo verso Sam, un 
punto interrogativo enorme dipinto in volto, mentre la peluria 
bruna sulle braccia le si rizzava, come se fosse venuta a 
contatto con una sorgente elettrica.
-Al.lora.-Riprese Sam, mettendosi intenzionalmente fra Liz 
e l'amico- che ci fai qui?
Lei lo guardò per un lungo secondo.
-C'è qualcosa di strano qui.- si disse sottovoce- non lo senti 
anche tu?
-Di.Strano dici?- Sam finse di concentrarsi, la sua mente 
cercava disperatamente una scappatoia.
-Ah.-Si accasciò rapidamente sulla sedia, attirando tutta la 
sua attenzione.
-Ti senti male?- Lei gli andò incontro spostandosi dalla 
piastrella sulla quale Al stazionava ancora, completamente 
catturato dalle sue forme e dal suo corpo. Quando Annalisa 
raggiunse Sam e gli si pose accanto, di nuovo l'immagine 
olografica di Al si distorse paurosamente.
-Ziggy, ma che diavolo sta succedendo?!- Ringhiò 
l'ammiraglio- Stiamo perdendo potenza? Come sarebbe che 
non sai che cosa disturba la trasmissione!- Al pigiava 
furiosamente i tasti del collegamento- se ti azzardi a farmi 
sparire adesso, giuro che vendo tutti i tuoi microchip al 
mercatino delle pulci, mi hai sentito?! Zig.
E scomparve di colpo, ritornando al mondo al quale 
apparteneva.
Sam non si stupì dell'accaduto.
Neppure l'espressione spaventata sul viso di Lizzie lo turbò.
Nell'attimo esatto in cui il collegamento con Al si era 
bruscamente interrotto era successa una cosa, una cosa 
sciocca e senza importanza nell'infinito accadere degli 
avvenimenti umani, una cosa che non avrebbe di certo 
smosso la pace dell'universo, ma che per lui aveva fatto la 
differenza: Lizzie l'aveva toccato sul braccio che Gordon 
aveva colpito.
Lei mi vede, lei vede Sam Beckett, ne sono sicuro.
Non c'era stato nient'altro da fare.

Progetto Quantum Leap
Stallions Gate, New Mexico
Domenica, 14 Aprile 1999

L'ammiraglio Calavicci uscì con un lamento di frustrazione 
dalla Camera Immagini.
-Ziggy!
-Sì, ammiraglio?
-Dolcezza, mi vuoi dire perché non riusciamo più a stabilire 
un contatto con Sam da più di otto ore?
-Ho formulato una teoria, ma le probabilità che sia esatta 
non vanno oltre il 72 per cento.
-Quando l'hai formulata?
-Sette ore fa più o meno.
-E perché diavolo non me l'hai detto prima?!
-Lei non me l'aveva chiesto.
Al scagliò con violenza il contatto manuale sul tavolo che si 
trovava al centro della sala controllo.
-Ammiraglio, non le conviene arrabbiarsi così.La sua è una 
personalità di tipo A: tali personalità sono maggiormente 
soggette a disturbi vascolari e ad attacchi cardiaci in più.
-Maledizione, Ziggy!- Si accese sbuffando l'ennesimo sigaro 
rivolgendosi al soffitto- adesso non mi serve un corso 
accelerato di psicoterapia! Dimmi la teoria che hai elaborato!
-Ma le probabilità.
-ADESSO!!!
-Va bene.Gli uomini, sempre imprecisi.-Terminò il 
computer; una nota di disprezzo aleggiò nell'aria per qualche 
secondo.
-Secondo la mia teoria, la presenza di Annalisa Howard è 
indissolubilmente legata ai disturbi riscontrati nel contatto 
con il Dottor Beckett.
-Continua, te ne prego.
-Quando mi prega così, Ammiraglio, non le so negare 
nulla.MMMh- e la macchina si schiarì la voce, con la grazia 
con cui Marilyn Monroe si accingeva a cantare in "A 
qualcuno piace caldo".- Per quanto ne sappiamo, le onde 
cerebrali della signora Howard seguono approssimativamente 
gli stessi schemi di quelle del Dottor Beckett; ciò ha 
provocato la diffusione del segnale neurale che di solito le fa 
mantenere il contatto con il Dottore e la conseguente perdita 
di stabilità della sua immagine, Ammiraglio.
-Credi che ci possano essere altre conseguenze?- Le chiese 
Al, paventando la risposta che Ziggy fece attendere qualche 
secondo, probabilmente per rendere il tutto un po' più 
melodrammatico.
-Nessuno può dire quali potrebbero essere le conseguenze; se 
si riferisce alla perdita perenne del contatto mentale con il 
Dottor Beckett, beh, è un'ipotesi, ma al momento le 
probabilità non superano il 12 per cento.
Al rilasciò il respiro e si avviò verso l'uscita.
-Ma penso che un altro avvenimento possa verificarsi.
L'ammiraglio Calavicci rimase bloccato, come una soldatino 
di plastica, rigido nella sua spasmodica attesa.
-Se le loro onde cerebrali sono davvero così simili come 
sembra e se i loro corpi entrassero accidentalmente in 
contatto, la signora Howard potrebbe essere capace di vedere 
oltre l'aura fisica che protegge il Dottr Beckett e percepirlo 
come egli è realmente.Davvero una gran bella percezione.
Ma Al non colse l'ultimo sussurrato commento del computer 
e si precipitò di nuovo verso la camera immagini.
-Ammiraglio, non sprechi le sue forze in un'attività così priva 
di senso.
Lui si voltò, la mente bloccata non voleva accettare il senso 
del discorso. Ma sapeva dove Ziggy stava andando a parare.
-Ci sono 94 probabilità su cento che ciò si sia verificato 
quando abbiamo perso definitivamente il contatto.
Al deglutì a fatica.
Non gli restava altro che sperare nel buon senso di Sam.
Ma sapeva che lei lo aveva colpito, che lui avrebbe preso 
quell'avvenimento come una specie di segno del destino.
Sapeva quanto Sam si sentisse solo, conosceva la 
frustrazione che provava quando, ogni volta che si guardava 
allo specchio, veniva a contatto con una faccia sconosciuta e 
potenzialmente nemica.
-Ammiraglio.
E i guai non erano ancora finiti.
-Che c'è, tesoro?
-Ha telefonato il generale Doggett. Vuole essere informato 
sui passi avanti di questi nostri ultimi sei mesi.
Ziggy lo disse così, come una cosa senza importanza.
Piove sempre sul bagnato.
-Buonanotte, Ammiraglio.
Al spense la luce.
Ma già da un pezzo si era fatto buio nel suo cuore.